Dal Fordismo a ChatGPT.
di Beatrice CAZZAVILLAN - Consulente di carriera
Il parere dell’esperta

Cosa ci insegnano le rivoluzioni industriali?
“L’Intelligenza Artificiale ci ruberà il lavoro!”
Quante volte lo avete letto negli ultimi mesi? Titoli perfetti per fare presa sui social, un po’ meno per descrivere davvero cosa sta accadendo.
La verità è che questa paura non è affatto nuova. I sociologi la conoscono bene: Karl Polanyi già negli anni ’40 parlava di disembedding, cioè il timore che l’economia corresse più veloce della società. Richard Sennett ha raccontato come i cambiamenti tecnologici scuotano identità e senso di stabilità.
E se torniamo indietro, scopriamo che la scena è sempre la stessa:
👞 L’Ottocento con le macchine a vapore → i luddisti distruggevano i telai per paura di perdere il mestiere.
🚗 L’epoca del fordismo → panico da “diventeremo ingranaggi di una catena infinita”.
🤖 Negli anni ’70-’80 → il terrore che i robot di fabbrica ci sostituissero definitivamente.
Ogni volta, però, il lavoro non è scomparso: si è trasformato. Nuove competenze, nuovi ruoli, nuove professioni. Quello che oggi chiamiamo reskilling è solo un termine moderno per raccontare una storia vecchia quanto le rivoluzioni industriali.
👉 La vera differenza? Il tempo.
In passato, tra una rivoluzione e l’altra, passavano decenni: le persone avevano la possibilità di osservare, comprendere e lentamente acquisire nuove abilità. Oggi no. La curva tecnologica è diventata una spirale accelerata: un’innovazione lanciata oggi diventa obsoleta domani.
Ecco perché la percezione è più angosciante: non temiamo tanto le macchine, quanto la nostra difficoltà a star loro dietro. Non è l’AI a rubarci il lavoro: è la velocità del cambiamento a rischiare di rubarci il tempo per adattarci.
La domanda giusta, quindi, non è “l’AI ci ruba il lavoro?”, ma “noi siamo pronti a correre abbastanza in fretta per restare nel gioco?”. 🏃♀️💡
