Il cammino per farcela all’estero

di Bernd Faas - Eurocultura - Career Counsellor "Going Abroad"

Il parere dell’esperto

Passo per passo verso il successo

Il pensiero di trasferirsi all’estero, prima o poi, passa per la testa di tutti. Ci vengono sogni e desideri che in patria non possono trovare realizzazione né soddisfazione. Andarsene ci viene subito in mente quando leggiamo un articolo interessante sul lavoro oltre confine, quando vediamo le immagini delle isole hawaiane oppure quando un amico che sta là ci racconta la sua esperienza.

Ma dal pensiero alla realizzazione c’è un mare da attraversare. Trovare affascinante l’idea di vivere a Londra oppure su una isola greca, non significa poterlo fare. Si devono affrontare molte condizioni prima di trasferirsi fisicamente. Solo se, fin dall’inizio, impostiamo in modo consapevole le procedure del trasferimento, garantiamo a noi stessi che terremo sempre in mano la situazione, senza rischiare di essere trascinati passivamente dagli eventi.

Si possono distinguere varie fasi nella costruzione di un’esperienza all’estero. Fasi che sono complesse nel caso di una permanenza lunga come quelle per il lavoro qualificato, lo studio universitario o il volontariato di un anno. Fasi che però hanno qualche importanza anche nei casi di una durata ridotta dell’attività fuori dai confini nazionali.

  1. prepararsi creare serenità
  2. fare i primi passi evitare i traumi
  3. verifica in itinere aggiustare il tiro
  4. prepararsi al rientro riaggancio
  5. reinserirsi a casa centrare l’atterraggio

Nella fase 1 si tratta di informarsi bene su tutti gli aspetti del trasferimento in un paese specifico: occorre non solo cercare offerte di lavoro e candidarsi, ma anche raccogliere dati e fatti anche su elementi come viaggio, casa, sanità e costo della vita. Con questa azione a 360 gradi si trova la certezza di poter disporre di tutte le informazioni importanti per affrontare l’estero: certezza che determina uno stato d’animo sereno.

La fase 2, cioè l’inserimento sul posto, adesso può essere vissuto senza traumi da stress culturale e linguistico, stress di ricerca stanza, stress di ricerca lavoro. Si affrontano positivamente e senza paura i problemi che ovviamente esistono nel primo periodo, trovando giorno per giorno le soluzioni adatte.

La fase 3 è sempre in agguato: per raggiungere gli obbiettivi prefissati serve verificare regolarmente i progressi compiuti, sia in termini di qualità della vita sia in quelli lavorativi e personali. Solo un’attenta analisi permette di capire se l’andamento procede secondo le previsioni oppure se è necessario modificare l’impostazione, per esempio cercando un lavoro diverso oppure cambiando il giro delle conoscenze nella vita privata.

La fase 4 inizia quando si prende la decisione di tornare a casa, cioè qualche tempo prima del rientro vero e proprio. Si tratta allora di intensificare i contatti mantenuti con la madrepatria, dagli amici agli ex-colleghi di lavoro. Dobbiamo riappropriarci della conoscenza circa l’andamento delle cose a casa.  Essendo stati lontani per parecchio tempo abbiamo perso un po’ la visione d’insieme del mercato del lavoro, del trend della moda, della politica, ecc. Più si avvicina il momento del rientro, più mirate devono essere le nostre attività per trovare l’azienda giusta, cioè quella che sa valorizzare il nostro know how acquisito all’estero: una valorizzazione non solo a parole ma anche nella retribuzione e nelle opportunità di proseguire con la carriera.

Fatto bene questo “riaggancio”, la fase 5 si traduce in un atterraggio morbido nel cortile di casa. La casa è già pronta, le prime settimane passano velocemente con gli inviti degli amici, il lavoro inizia senza perdite di tempo.

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